
MEDITERRANEO, IL MARE TRA PASSATO E IL PRESENTE
Nel vuoto sguardo dei vetri, ride il mattin
Con tutti i suoi denti azzurri e scintillanti,
Gialli, verdi e rossi, ai balconi si cullano le tende.
Ragazze dalle braccia nude stendono panni.
Un uomo; dietro una finestra, il binocolo in mano.
Mattino chiaro dagli smalti marini,
Perla latina dalle liliali lucentezze:
Mediterraneo.
[1]
“Mediterraneo” di Albert Camus
Albert Camus, attraverso questa sua poesia, ci rivela la realtà di un mare che porta con sè un enorme bagaglio storico, di profumi, tradizioni e colori. Noi, però, quando viene pronunciata la parola Mediterraneo all’istante pensiamo a quel mare intercontinentale situato tra Europa, Africa e Asia e che, secondo la storiografia, è tradizionalmente considerato, assieme al Vicino Oriente e Medio Oriente, la culla della civiltà occidentale a partire dal mondo antico.
Mediterraneo significa molto di più.
Mediterraneo è un viaggio nel tempo e nello spazio che accompagna, ognuno di noi, attraverso un percorso interiore esteriorizzato dall’arte, una sorta di fil rouge con ciò che ci circonda. In questo ideale percorso hanno partecipato artisti italiani ed internazionali utilizzando il linguaggio pittorico, scultoreo e fotografico.
La mostra, a cui essi hanno aderito, “Mediterraneo è la porte della speranza o della vergogna” ha come obiettivo principale il far conoscere le varie sfumature di questo tema che ha inizio dall’antichità per arrivare ai giorni nostri, dove la questione dell’immigrazione sta influendo in maniera forte nella quotidianità e nel nostro modo di pensare. L’arte diventa un veicolo di idee con lo scopo di provocare forti emozioni nello spettatore. Un semplice input alla riflessione storica, geografica, letteraria e artistica. Il protagonista non è più l’artista ma l’opera d’arte perchè compare quel modo di essere, di sentire e di esprimersi attraverso un racconto non più verbale ma di immagini costituendo quel Kunstwollen (volontà artistica) che scaturisce dalle condizioni di vita sociale e dalla vita culturale, presente in ogni epoca, determinandone il gusto e le manifestazioni artistiche.
Pensiamo per attimo al Mediterraneo come ad una persona fisica che si siede dinnanzi a noi e inizia a rivelare la sua storia, le civiltà che ha conosciuto, le battaglie che ha visto, i racconti mitologici che hanno allietato le sue giornate. Eterno è il suo cammino come eterne sono le impronte che lascia sulla sabbia ed in questo suo viaggio infinito ha conosciuto la bellezza e il dolore degli uomini. In fondo “Il Mediterraneo ha la propria tragicità solare che non è quella delle nebbie. Certe sere, sul mare, ai piedi delle montagne, cade la notte sulla curva perfetta d’una piccola baia e allora sale dalle acque silenziose un angosciante senso di pienezza. In questi luoghi si può capire come i Greci abbiano parlato della disperazione solo attraverso la bellezza e quanto essa ha di opprimente. In questa infelicità dorata la tragedia giunge al sommo”[1] perchè esso è una “cerniera tra altri due potenti poli simbolici, l’Oriente e l’Occidente, il Mediterraneo è sempre così pronto a sfumare i propri confini in quelli dell’uno o dell’altro, che talvolta sembra sul punto di venirne risucchiato, di diventare parte dell’una o dell’altra costruzione simbolica. E invece rimane pur sempre Mediterraneo, non tutto Oriente nè tutto Occidente”[2].
Il Mare Nostrum diventa un ideale libro da sfogliare e il pubblico, leggendo le sue infinite pagine, inizia ad annoverare quella realtà a volte taciuta o distorta. Non importa di quale provenienza o cultura appartenga una persona, l’importante è arrivare a un’idea evocativa, espressa simbolicamente dove si tessono speranze e illusioni, passioni e interessi, passato e futuro; una sorta di nodo dove si intrecciano vincoli, rapporti, sensazioni, storie e destini come un ideale tappeto dove ognuno di noi pone la propria firma.
[1] A. CAMUS, L’esilio di Elena (1948) in L’ età, dalla edizione italiana “Saggi letterari“,( II ed. 1960) Edizioni Bombiani, traduzione di Sergio Morando.
[2] A. SIGNORELLI, postfazione ad Antropologia del Mediterraneo, 2007, p. 327, trad. it. di L’anthropologie de la Mèditerrane, 2001